di LUCIA PALMERINI
Bandiere,
bianche di luce e calce,
tagliate dal vento.
Fieri cucurnei
Che svettano fra gli ulivi
E guardano le tende di pietra,
All’orizzonte
Basso e immobile…
Stanno.
Antichi sciamani
Che la risacca del tempo non affanna!
— Gianni Bimbo
Nelle parole del poeta e pittore Gianni Bimbo è riassunta tutta la magia dei trulli e della loro terra, la Murgia dei trulli nella Valle d’Itria, che è appartenuta ai greci prima e da ultimo ai briganti. Costruzioni uniche e di rara bellezza, che rappresentano forse l’unico museo vivente sulla terra, un po’ come se il Colosseo fosse ancora in attività o se le grotte dei Camini delle Fate in Turchia fossero ancora interamente abitate.
Alberobello, con il suo centro storico costituito da circa 1500 trulli diventato patrimonio Unesco, non delude il visitatore che gli si avvicina curioso, così come non deludono Locorotondo, Cisternino e Martina Franca e tutta la Murgia dei trulli. La calce bianca, i tetti in pietra, i segni scaramantici, le dolci colline di terra rossa che alternano basse vigne a campi coltivati a boschi di lecci e che sono rigate dai caratteristici ed interminabili muretti a secco, ricordano il forte connubio tra pietra, natura e tradizione che questa terra rappresenta.
Il territorio venne scelto dai briganti proprio per la sua conformazione, per la presenza dei boschi per nascondersi e della pietra per costruire case (i trulli) facilmente abbattibili così da non lasciare tracce.
Ma se si vuole veramente conoscere la Murgia dei trulli, la sua storia e le sue radici, allora la tradizione enogastronomia deve essere parte integrante del percorso di scoperta, non solo cornice o contorno.
Osservando il panorama all’orizzonte, si rincorrono sempre e solo i due protagonisti principali, l’ulivo e la vite, a sottolineare la loro importanza nelle ricette tipiche della zona. I campi coltivati mostrano discretamente – e senza il vigore ostentato da oliveti e vigneti – gli altri elementi necessari a cucinare un piatto tradizionale: verdure, granaglie, legumi, ortaggi. Primo su tutti il grano che dà origine ai famosi cavatelli, orecchiette, friselle e taralli.
Recarsi nella murgia dei Trulli significa gustare melanzane ripiene seduti ad un tavolo in legno dentro un trullo, accompagnando con uno dei tre Doc della Murgia o degli Igt presenti nella zona. Partendo da Alberobello non ci si può non fermare a provare una burrata o una stracciatella acquistata direttamente in uno dei tanti caseifici che – faticosamente, ma altrettanto orgogliosamente – tengono alta la tradizione casearia della Murgia; inoltre attraverso il centro storico ristoranti di ottima qualità e per tutte le tasche potranno offrirci sfiziosi antipasti ed uno dei piatti migliori in assoluto: riso, patate e cozze, oppure il tipico piatto povero acquasale (acquaséle in dialetto) preparato con acqua, sale, aglio tritato, pomodori, tocchi di pane raffermo e origano.
A Locorotondo, addentrandoci negli stretti e suggestivi vicoli bianchi potremo assaggiare il vino bianco Locorotondo Doc, mentre a Cisternino potremo assaporare la carne al fornello, che altro non è che frattaglie e carne condita e mescolata seguendo tradizioni che risalgono addirittura ai greci come bombette, gnumerieddi, animelle e le zampine.
Meta necessaria per completare le sfaccettare della Murgia dei Trulli è Martina Franca con il suo stile Barocco e Rococò avendo però prima fatto tappa in una delle masserie che producono prodotti tipici fatti in casa e che potranno magari farci gustare orecchiette con le cime di rapa o con cacioricotta, o se avremo fortuna panzerotti appena sfornati, una prelibatezza per qualunque tasca.
Se poi si vuole godere di uno spettacolo unico, bisogna recarsi in queste zone in primavera, quando i filari di mandorleti della Murgia dei trulli si trasformano in uno scenario fatato, anche se bisognerà tornare a Natale per assaporare i dolci a base di mandorle come il torrone e le mandorle glassate o per squisitezze come pettole e cartellate. Ma il doppio viaggio ne vale veramente la pena.
(Si ringrazia NaturAttiva.org per la collaborazione)
8 ottobre 2010
Fonte: www.diebrucke.it
L’articolo è molto bello perchè sembra scritto da un alberobellese che ama la sua terra.
Ciò mi fa capire che da una parte la nostra terra lascia un segno in chi la visita e dall’altra chi la guarda è dotato di sensibilità ed attenzione al mondo.
Per lo stesso motivo condivido quello che scrivi sul “nostro paese” l’Italia intera, perchè anch’io mi batto per questo valore nella mia piccola Alberobello, che rappresenta non solo un monumento architettonico ma anche un’idea alta in cui vivere la nostra vita.
Saluti e a risentirci. Donato